CANTU DI CARUSI
2020 | stampa su carta blueback | 300x200 cm
Carmelo Nicotra presenta un lavoro site-specific su carta blueback; una memoria a-critica del nostro recente passato, frutto di una ricerca sulle miniere di zolfo dell’agrigentino, di cui Nicotra è originario. La lavorazione di questo minerale, oltre ad aver caratterizzato la provincia di Agrigento, dove veniva estratto, e quella di Catania, dove veniva raffinato, ha segnato a fondo anche la storia familiare dell’artista, che ricorda come, ad anni di distanza dalla miniera, la pelle e i vestiti del nonno sapessero ancora di zolfo. Lo studio sui lavoratori nella Miniera di Ciavolotta ha portato alla sua attenzione un canto, nato fra ‘800 e ‘900 intonato dai carusi nei momenti di riposo, che induce a riflettere sul lavoro e la condizione umana.
Opera site-specific realizzata per la mostra Un’introduzione (An Introduction), a cura di Giulia Caruso e Maria Vittoria Di Sabatino, Viaraffineria, Catania.
Traduzione del canto
(Dialetto)
Tuttu lu beni e lu mè caviali
l’haiu di ‘ncoddru, comu a lu scursuni;
quattru parmi di pezza haiu pi ali
e volu ‘nterra misu a brancicuni!
Sugnu trattatu peggiu di ‘narmaru
ca portu ‘ncoddru senza lu varduni:
veni la giusta e lu mè principali
mi ‘mbriaca e mi paru baruni!
(Italiano)
Tutti i beni e il mio capitale
li ho addosso come il serpente;
Quattro palmi di pezze ho per ali
e volo a terra messo carponi!
Sono trattato peggio di un animale
che porto carichi addosso senza il basto:
viene la paga e il mio principale
mi ubriaca e mi credo barone.
Crediti:
Rosario Spampinato, Gli zolfarai siciliani 1860 - 1914 lavoro, cultura di mestiere, conflittualità.
Università di Catania, Quaderni del dipartimento di scienze storiche antropologiche geografiche. Quaderno 4 - 1983.
@ Carmelo Nicotra 2022, all rights reserved - powered by azoto